ARCHITETTURA E NEUROSCIENZE

Se ci fosse maggiore consapevolezza di quanto tempo trascorriamo all’interno di un luogo artificiale, e in particolare modo in uno spazio architettonico, e, quanto, avvolti al suo interno, le forme entro le quali socializziamo, lavoriamo, giochiamo, ci rilassiamo, impariamo e dimoriamo, influenzano i nostri comportamenti, probabilmente l’interesse verso le neuroscienze e la psicologia ambientale si sarebbe sviluppato già da molto tempo. La nostra memoria personale e le relazioni sociali sono due pilastri fondamentali del comportamento individuale, ma senza dubbio ne esiste un terzo: l’ambiente. Le teorie contemporanee della mente ci conducono, infatti, in un luogo in cui non troviamo più una netta distinzione tra il cervello, il corpo e lo spazio di cui facciamo esperienza. Il cervello, infatti, si estende non solo all’intero corpo in un intreccio inestricabile, ma anche ai luoghi nei quali la vita prospera o resiste.

Le neuroscienze si sono evolute notevolmente negli ultimi tre decenni grazie al neuroimaging, alle ricerche condotte dai neuroscienziati e a una filosofia della mente che è cresciuta costantemente in sintonia con queste nuove scoperte.

Secondo queste premesse l’architettura è, chiaramente, l’esatto opposto di un puro oggetto di contemplazione. La sua forma non può essere occasionale, né il frutto di una creatività egocentrica del tutto libera. L’ambiente, infatti, è un partner in grado di sostenere la nostra salute mentale, fisica e relazionale. Se vogliamo prenderci cura delle persone, quindi, dobbiamo conoscere alcune delle regole che provengono dalla biologia. Questo può avvenire non solo senza togliere spazio alle poetiche personali ma, al contrario, favorendo un approccio individuale responsabile all’esito finale del progetto architettonico.

 

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